IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause civili iscritte a ruolo ai numeri sopraindicati, poste in decisione sulle conclusioni precisate all'udienza del 30 settembre 2008 e promosse in primo grado: la n. 56623/2003 con atto di citazione notificato il 18 settembre 2003 da S.r.l. Solara in persona dell'a.u. Maria Cristina Bassi, poi Fallimento S.r.l. Solara, contumace, nonche' da Gianmaria Fabbri e da Maria Cristina Bossi, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Fernando Gabetta presso cui hanno eletto domicilio in Milano, corso di Porta Vittoria 54, giusta procura in margine della comparsa di costituzione nuovo difensore 1° marzo 2005, attori, nei confronti di Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A. in persona del direttore generale Domenico Guidi, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Luisa Alibrandi presso la quale cui ha eletto domicilio in viale Monte Nero, 82, Milano, giusta procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuta; la n. 41774/2004 con atto di opposizione notificata il 7 giugno 2004 da Gianmaria Fabbri rappresentato e difeso dall'avv. Fernando Gabetta presso cui ha eletto domicilio in Milano, corso di Porta Vittoria, 54 giusta procura in margine della comparsa di costituzione nuovo difensore 1° marzo 2005, attore opponente, nei confronti di Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A. in persona del direttore generale Domenico Guidi, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Luisa Alibrandi presso la quale cui ha eletto domicilio in viale Monte Nero, 82, Milano, giusta procura in calce al ricorso in monitorio, convenuta opposta; la n. 41776/2004 con citazione notificata il 7 giugno 2004 da Maria Cristina Bossi rappresentata e difesa dall'avv. Fernando Gabetta presso cui ha eletto domicilio in Milano, corso di Porta Vittoria, 54, giusta procura in margine della comparsa di costituzione nuovo difensore 1° marzo 2005, attrice opponente, nei confronti di (Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A. in persona del direttore generale Domenico Guidi, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Luisa Alibrandi presso la quale cui ha eletto domicilio in viale Monte Nero, 82, Milano, giusta procura in calce al ricorso per decreto ingiuntivo, convenuta opposta; la n 53311/2004 con citazione notificata il 21 luglio 2004 da Gianmaria Fabbri e Maria Cristina Bossi, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Fernando Gabetta presso cui hanno eletto domicilio in Milano, corso di Porta Vittoria, 54 giusta procura in margine della comparsa di costituzione nuovo difensore 1° marzo 2005 attori opponenti, nei confronti di Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A. in persona del direttore generale Domenico Guidi, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Luisa Alibrandi presso la quale cui ha eletto domicilio in viale Monte Nero, 82, Milano, giusta procura in calce al ricorso per decreto ingiuntivo, convenuta opposta. Il giudice istruttore in funzione di giudice unico; Letti gli atti dei procedimenti riuniti sopra indicati; Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale degli art. 4, comma 3, legge 17 febbraio 1992, n. 154 e il comma 7 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, nella parte in cui identificano il tasso legale sostitutivo - delle clausole di contratti bancari nulle perche' indeterminate - con riguardo al valore dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari emessi nei dodici mesi «precedenti la conclusione del contratto», in relazione all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza della norma. 1. - Nella controversia sottoposta a questo giudice, i signori Gianmaria Fabbri e Maria Cristina Bossi, in proprio e quali fideiussori della societa' Solara, poi fallita, hanno chiesto alla Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A. l'accertamento di non debenza e restituzione degli importi dalla stessa illegittimamente addebitati, e corrisposti dai clienti, a titolo di interessi anatocistici e interessi passivi ultralegali sui quattro conti correnti affidati rispettivamente intrattenuti da Solara e dagli stessi attori a titolo personale, per una quindicina d'anni e chiusi, per revoca degli affidamenti da parte della banca, in data 7 maggio 2002. La Banca Popolare Commercio e Industria (BPCI) ha chiesto il rigetto di tali domande e in via riconvenzionale, nonche' con procedure monitorie poi riunite, ha azionato i saldi passivi dei quattro conti, risalenti rispettivamente ai contratti stipulati in date 13 novembre 1983, 13 dicemebre 1984, 1° luglio 1992 e 12 aprile 2000. I primi tre contratti in date 13 novembre 1983, 13 dicembre 1984 e 1° luglio 1992 indicano il «tasso d'interesse debitore» (cioe' passivo per il cliente) secondo «le condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza» (clausole 7, comma 3, identiche nei tre contratti). La normativa introdotta dapprima con la legge sulla trasparenza bancaria 17 febbraio 1992, n. 154 (art. 4, comma 3), quindi con il testo unico bancario TUB d.lgs. n. 385/1993 (art. 117, comma 6), espressamente commina la nullita' di siffatte clausole di rinvio agli usi. Il mancato adeguamento dei contratti anteriormente stipulati comporta che, a far tempo dall'entrata in vigore (9 luglio 1992) della legge sulla trasparenza bancaria n. 154/1992, i singoli rapporti di conto corrente in essere - come i tre di cui e' causa - sono retti da uno strumento negoziale parzialmente nullo, in quanto contrario ad espressa previsione legislativa. Si rileva che la previsione imperativa dell'art. 4 della legge n. 154/1992, poi trasfuso nell'art. 117 del TUB, la' dove sancisce la nullita' delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione del tasso d'interesse, se non incide, in base al principio di cui all'art. 11 preleggi al c.c - e dell'art. 161, comma 6, TUB, che ne e puntuale attuazione - sulla validita' delle clausole contrattuali inserite in contratti gia' conclusi, impedisce tuttavia che esse possano, per l'avvenire, produrre ulteriori effetti nei rapporti ancora in corso (cfr. Cass. 4490/2002, Cass. 18 settembre 2003, n. 13739), tali dovendosi ritenere i rapporti, anteriormente costituiti, non ancora esauriti alla data di inizio dell'operativita' della norma sopravvenuta. Nella fattispecie in esame, i tre contratti di conto corrente 13 novembre 1983, 13 dicembre 1984 e 1° luglio 1992, benche' stipulati in data anteriore all'entrata in vigore di detta normativa, continuavano a tale data a produrre effetti e li hanno prodotti fino alla revoca in data 7 maggio 2002. In forza di tali contratti la banca ha continuato ad accettare le rimesse sul conto effettuate dai correntisti, a pagare gli assegni o i bonifici che gli stessi disponevano, e, specialmente, a far credito ai clienti secondo la previsione contrattuale che distingue gli «scoperti non eccedenti i limiti del "fido" concesso» dagli «sconfinamenti e/o scoperti non assistiti da "fido", che la banca si riserva la facolta' di autorizzare di volta in volta». Non constano successivi puntuali contratti di fido, di autorizzazione allo scoperto, di apertura di credito in conto corrente. Il «tasso d'interesse debitore» per i finanziamenti intrafido e' contrattualmente determinato con riferimento alle «condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza», che viene aumentato di un quarto per gli scoperti ultrafido (clausole 7, comma 3, identiche nei tre contratti). La nullita' di tale indeterminata ed indeterminabile pattuizione del tasso di interesse ultralegale comporta, per il periodo successivo al 9 luglio 1992 (entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria n. 154/1992), l'applicazione del tasso sostitutivo legale di cui all'art. 5, legge n. 154/1992 e, successivamente, all'art. 117, comma 7 TUB. La legge n. 154/1992 essendo stata abrogata (con l'unica eccezione dell'art. 10 rimasto in vigore) dall'art. 161 del TUB, a far tempo dal 1° gennaio 1994 viene in applicazione solo l'art. 117, TUB. Si rileva che, per quanto qui interessa, l'art. 5 della legge n. 154/1992 di identico tenore dell'art. 117, comma 7 TUB). Entrambe tali norme individuano, con identiche espressioni, il tasso sostitutivo nel tasso nominale (minimo e massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive) dei BOT annuali o altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti «la conclusione del contratto». Su indicazione del giudice istruttore, il c.t.u. ha ricalcolato i saldi dei conti contestati con applicazione del tasso sostitutivo variabile parametrato ai BOT dell'anno antecedente alla chiusura contabile periodica dei conti (secondo una prassi applicativa equitativa in altri casi posta in essere dal tribunale sul consenso delle parti); la difesa della banca, nella sua ultima memoria conclusionale depositata il 24 novembre 2008, contesta tale criterio affermando che l'art. 117, comma 7 TUB »prevede l'applicazione del tasso fisso nominale (...) e non invece il tasso variabile». La questione e' dirimente, alla stregua della lettera della norma che non lascia spazi di interpretazione. 2. - Il dato testuale degli artt. 5, legge 17 febbraio 1992, n. 154 e 117, comma 7 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, che identificano il tasso sostitutivo con riferimento ai titoli di stato «emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto» e' privo di ambiguita'. L'applicazione della norma cosi' com'e', a motivo dell'espresso ed ineludibile rimando alla situazione di mercato dei dodici mesi anteriori «la conclusione del contratto» (che impedisce possibilita' di vie interpretative nel senso della prassi applicativa sopra richiamata) appare tuttavia irragionevole, in quanto cristallizza a un determinato e puntuale momento storico il parametro di riferimento, e quindi il valore sostitutivo legale, in un rapporto che si sviluppa nel tempo e che strutturalmente, come e' noto, segue i mutevoli andamenti del mercato finanziario. Nel caso di specie, i valori di mercato dei BOT o analoghi titoli di stato dei dodici mesi anteriori alle conclusioni dei tre contratti di cui e' causa erano notoriamente (e come verificato dal c.t.u.) piu' alti di quelli dei periodi successivi, e piu' alti anche dei tassi che, in concreto, la banca ha addebitato ai clienti nel corso dei rapporti. Applicando come tasso sostitutivo i valori dei titoli di stato dei dodici mesi anteriori alle stipulazioni dei contratti, il debito dei clienti sa-rebbe addirittura maggiore di quanto di fatto azionato dalla banca. Il cliente che faccia valere la nullita' (nullita' relativa, azionabile solo dal cliente ex artt 127, comma 2 TUB) della clausola negoziale illegittima (in quanto rinvia agli usi di mercato) finisce paradossalmente - e quindi irrazionalmente - ad essere in posizione deteriore rispetto al cliente che non sollevi tale nullita', posta dal legislatore a sua tutela. Tale effetto concreto non dipende da una particolare e sfortunata coincidenza di fattori aleatori, ma e' il naturale risultato dell'applicazione di un tasso fisso, rigido, a un rapporto di durata che nasce convenzionalmente con un tasso modulato sull'andamento del mercato - ancorche' indeterminato e quindi nullo. La pattuizione di un «tasso d'interesse debitore» secondo «le condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza» implicitamente comporta un adeguamento del suddetto tasso alle variazioni del costo del denaro, e di fatto la banca ha, negli anni, sensibilmente modificato (anche in diminuzione) le condizioni iniziali Cio' in forza dello ius variandi di cui all'art. 118, comma 1 TUB. E' nozione di comune esperienza che gli istituti di credito utilizzano normalmente tale facolta' per allineare i tassi ai mutevoli andamenti del mercato finanziario. Ma, ove la pattuizione iniziale sia nulla (in quanto indeterminata), non puo' riconoscersi siffatta facolta' all'istituto di credito - che nella stragrande maggioranza dei casi e' il soggetto che ha predisposto il testo contrattuale difettoso e non l'ha aggiornato -, pena lo svuotamento di fatto della sanzione di nullita' di cui agli artt. 4, comma 3, legge n. 154/1992 e il 117, comma 6 TUB; una pattuizione nulla perche' contra legem non puo' fondare la facolta' del professionista di modificarla unilateralmente. La normativa sulla trasparenza bancaria, che per prima ha posto un limite alla «autonomia negoziale delle parti» nel settore bancario - il lavoro di coordinamento svolto in sede di formazione del Testo Unico non ha sul punto determinato alcuna modifica - imponendo forme e contenuti minimi necessari, da una parte intendeva garantire, anche su spinta comunitaria, maggiore liquidita' in un mercato poco agile, dall'altra si proponeva maggior tutela per il contraente privato svantaggiato dall'asimmetria informativa; la maggior tutela del cliente sotto il profilo della migliore conoscenza delle effettive condizioni praticate dal professionista rifluisce anche in termini di efficienza della concorrenza e quindi del mercato. In questo senso e' la lettura dei lavori preparatori (commissione finanze della Camera della X legislatura), da cui emerge la forte opzione del legislatore per la sanzione di «nullita» delle clausole di rinvio agli usi - anziche' solo inefficacia - e quindi la necessita' di un valore sostitutivo legale, essendo chiara l'esclusione di una soluzione radicale analoga al (successivamente) novellato art. 1815, comma 2 c.c. Superato il rinvio al tasso legale (indicato nei primi disegni di legge), si e' voluto ancorare il costo del denaro all'andamento del mercato finanziario, quale parametro oggettivo piu' prossimo al mondo delle transazioni bancarie; con un rimando al valore «minimo e massimo» dei titoli di stato di un periodo prefissato di dodici mesi anteriori. Il successivo inciso «la conclusione del contratto» pone un ulteriore elemento, che non sembra necessitato dallo scopo prefisso dalla legge, e che cristallizza a un dato momento storico il valore sostitutivo delle clausole nulle: laddove il rapporto di conto corrente bancario puo' durare nel tempo, ed e' fisiologico il suo adeguarsi all'andamento di mercato. L'esigenza di parametrare il giusto costo del denaro - di cui gli interessi passivi sono un'espressione - all'andamento del mercato finanziario e' stata in altre occasioni sentita dal legislatore: cosi' la legge 7 marzo 1996, n. 108 collega il tasso d'usura alle rilevazioni dell'andamento del mercato finanziario effettuate dalla Banca d'Italia, e con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 il tasso d'interesse legale di cui all'art. 1284 c.c. e' stato raccordato al rendimento medio annuo lordo dei titoli di stato, con previsione di modifica annuale. Dubita pertanto questo giudice della ragionevolezza, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'inciso «la conclusione del contratto» negli artt. 4, comma 3, legge 17 febbraio 1992, n. 154 e 117 comma 7 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385.